Sostenibilità e filiera alimentare

di Elena Novati

Cosa si intende per «sostenibilità» quando ci si riferisce al settore alimentare?

Un’agricoltura si può definire «sostenibile» quando fa parte di un sistema produttivo che migliora la qualità dell’ambiente e le risorse naturali dalle quali dipende, conserva e migliora le caratteristiche del suolo rispettando la biodiversità. Al tempo stesso deve fornire anche alimenti nella giusta quantità, essere economicamente valida e migliorare la qualità di vita degli agricoltori stessi.

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Per un’agricoltura sostenibile devono essere quindi utilizzate tecniche agricole rispettose dell’ambiente, valorizzando anche le tradizioni del territorio.

Sia la legislazione italiana che quella europea hanno introdotto delle norme specifiche per tutelare e valorizzare le produzioni agroalimentari tipiche di determinati territori e derivate da tecniche di lavorazione legate alla tradizione e alla storia stessa del prodotto. Questi prodotti vengono riconosciuti grazie alla presenza di un marchio di tipicità (IGP o DOP) che garantisce quelle particolari caratteristiche, sia produttive, sia merceologiche che organolettiche. Sono l’espressione di un territorio, inteso come storia, cultura e tradizione e possiedono caratteristiche chiaramente differenziate rispetto ad altri prodotti della stessa categoria merceologica.

Devono essere ottenuti seguendo delle regole produttive ben definite, descritte in un disciplinare di produzione, al fine di ottenere la certificazione da un organismo terzo, indipendente ed esterno che ne garantisca, sulla base di una serie di controlli sul processo e sul prodotto, il rispetto di quanto indicato nel disciplinare e i parametri di qualità del prodotto stesso.

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Per spiegare meglio, possiamo dire che «per coltivare in modo sostenibile è necessario rendere massimo il contributo della natura e minimo quello dell’uomo», minimizzando così i costi ambientali, economici e sociali, con il fine di migliorare le rese e la conservazione dell’ambiente. Il concetto di sostenibilità si applica dunque al grande concetto di filiera alimentare, ma ancora una volta…cosa intendiamo quando parliamo di filiera?

Il termine molto usato in questo settore è «qualità alimentare», un concetto che assume un significato preciso anche sulla base di norme legislative europee: si valuta la qualità di un prodotto quando si è in grado di conoscere e verificare non solo la qualità dell’alimento, ma anche quella dell’intero processo produttivo, dalla coltivazione della pianta (o dall’allevamento del bestiame) fino alla produzione, trasformazione, conservazione, distribuzione, commercializzazione e consumo del prodotto finito.

Viene presa in considerazione così tutta la filiera alimentare, cioè il percorso che un prodotto agroalimentare fa «dal campo alla tavola»: è la cosiddetta tracciabilità. Grazie a questo nuovo approccio diventa possibile ripercorrere il processo produttivo anche a ritroso.

Nella produzione di frutta e verdura le fasi di lavorazione sono semplici, essendo prodotti di prima trasformazione: dopo la semina e le operazioni colturali avviene la raccolta, seguita eventualmente dalla maturazione che, per motivi commerciali, può essere anticipata o ritardata; viene poi fatta una selezione in base alla categoria commerciale prima della vendita. Oggi però sono sempre più diffusi prodotti ortofrutticoli che hanno subito altri processi di trasformazione: sono i prodotti di quarta e quinta gamma. I vegetali di quarta gamma, dopo essere stati, puliti, lavati e tagliati, vengono confezionati e sigillati in sacchetti o vaschette in plastica per essere consumati in brevissimo tempo, mentre quelli di quinta gamma sono parzialmente cotti e quasi pronti per il consumo.

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